I fichi rubati e altre avventure in Calabria di Mark Rotella [Recensione]

Articolo pubblicato il 03/04/2016 nel giornale La Provincia di Cosenza.

coverMark Rotella, editorialista e scrittore newyorkese, è nipote e figlio di emigrati gimiglianesi. Molti anni prima della sua nascita, la sua famiglia decise di cercare un futuro migliore nel nuovo mondo: salparono dapprima per l’enclave calabra di Danbury in Connecticut, poi in Georgia, quindi in Florida e poi ancora sulle sponde dell’Hudson in quel di Manhattan. Tante furono le storie raccontate al piccolo Rotella riguardanti la Calabria, una terra lontana, incapace di trattenere i propri figli costringendoli a cercare fortuna altrove. Nel tempo, si fece strada il desiderio di dare un volto ai tanti racconti e, quindi, alla sognata e immaginata Calabria. Fu così che Mark decise di intraprendere un viaggio alla ricerca delle proprie radici e raccontare le sue vicende in un libro:“ I fichi rubati e altre avventure in Calabria” (Rubbettino, 2013).

Il viaggio attraversa la Calabria da nord a sud e ha come base Gimigliano, città natale dei suoi nonni paterni. Mark,  in compagnia del suo mentore Giuseppe, visita città, paesi, santuari e musei. Riscopre usi, costumi e tradizioni che si vanno perdendo e racconta il tutto con precisione e dovizia di particolari. Visita Taverna, il paese che diede i natali a Mattia Preti, noto pittore del 1600; impara a fare il pane e il limoncello; scopre la leggendaria “città perduta” di Sibari; nel santuario di Santa Maria delle Armi ammira l’Achiropita; A Reggio Calabria conosce i famosi Bronzi di Riace; gli viene raccontata la storia del brigante Giuseppe Musolino, descritto come una sorta di Robin Hood calabrese;  vive  allo stadio il tifo appassionato durante una partita di calcio del Catanzaro e tante altre cose che gli faranno sentire sempre più suo questo luogo dalle mille sfaccettature.

È presente una forte denuncia della mafia e vengono messe in evidenza le potenzialità di una terra abbandonata dallo stato, incapace di valorizzare le tante bellezze che ha disposizione: “Vedevo dappertutto il potenziale necessario per la crescita, ma allo stesso tempo non riuscivo a non chiedermi, <<perché la Calabria non è riuscita a fare di più?>>

Il libro scorre veloce e descrive in maniera sommaria la storia dei tanti luoghi visitati. I dettagli abbondano ed è facile poter vivere le emozioni e i sentimenti di Mark, soprattutto nei momenti in cui si trova a rivivere le tradizioni e le usanze del paese dei suoi nonni.

Il Publisher Weekly definisce il libro come una lettera d’amore, infatti l’intento dell’autore è quello  di decantare la bellezza di una terra difficile, ma  la narrazione a riguardo lascia abbastanza titubante.  Non viene citato l’anno del viaggio ma alcuni dettagli fanno capire che è avvenuto intorno al 2000, nonostante ciò, leggendo la storia si ha l’impressione di vedere una Calabria del dopo guerra. Si narra di una terra fatta di contadini, impregnata di valori fin troppo maschilisti e patriarcali; dove i giovani perditempo guardano i turisti con occhi guardinghi e diffidenti e quest’ultimi devono ritenersi fortunati se non vengono rapiti o sparati: “Ero in Italia, una delle mete turistiche più celebri al mondo, eppure mi aggiravo in una regione così remota, così minacciosa che a volte riuscivo a stento a credere di essere nello stesso paese”. I Bronzi di Riace, orgoglio calabrese, vengono definiti come: “due gay non circoncisi che ballano in discoteca”. Le donne sono viste in modo stereotipato e fuorviante: […]inibite, quasi spaventate di parlare con un uomo per paura di ciò che la gente potrebbe pensare, e che hanno come unico obiettivo quello di sposarsi.

Inoltre, vengono descritte delle scene che difficilmente assoceremo alla realtà: “Al bancone c’era una mezza dozzina di uomini; l’unica donna era la barista- una rarità in Calabria, dove domina ancora una società maschilista- che aveva i capelli neri tirati all’indietro, con una pelle chiara e liscia e i denti storti, aspetto che negli Stati Uniti sarebbe stato considerato un difetto.”

E ancora:

“Ero riuscito difficilmente a parlare con qualsiasi donna. Anche quando erano insieme ai loro mariti o fidanzati, sembravano sorvegliate.”

Tralasciando queste ultime note dolenti, è interessante leggere le avventure di quest’italo americano alla scoperta della Calabria. Tramite le sue parole è possibile capire come ci vedono all’estero e come, nonostante le tante cose negative, la Calabria rappresenti un luogo piacevole da scoprire con la sua storia e le sue tradizioni che rievocano il passato.

Sinossi: Come un viaggiatore del grand tour, ne i “Fichi Rubati”, Mark Rotella, italo-americano di terza generazione, affronta un viaggio, dal Pollino allo Stretto, alla scoperta di quella che continua ad essere una delle meno conosciute regioni d’Italia: la Calabria. partendo da Gimigliano, città natale dei suoi nonni paterni e in compagnia del suo mentore Giuseppe, Rotella visita città, paesi, santuari, musei. Riscopre tradizioni che si vanno perdendo e annota con acume le contraddizioni che si celano dietro la selvaggia bellezza della regione. Rotella non è però solo un turista straniero curioso. Il viaggio in Calabria è per lui soprattutto un viaggio all’interno della propria anima e delle proprie radici, un viaggio di riscoperta di quella italianità che spesso in forme meticce caratterizza gli italiani emigrati in America.

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