Ripudiata di Eliette Abécassis [Recensione]

Oggi vi parlo della prima lettura dell’anno: Ripudiata di Eliette Abécassis. 

Titolo: Ripudiata
Autrice: Eliette Abécassis
Casa Editrice: Net (8 giugno 2006)
Numero Pagine: 122
Trama: Gerusalemme, oggi. Dopo dieci anni di matrimonio, la ventiseienne Rachele non ha ancora figli. Secondo la legge ebraica, il marito ha il diritto di ripudiarla. Nonostante la loro unione sia stata combinata, Nathan e Rachele si amano profondamente sin dal giorno delle nozze (il primo in cui si videro). È proprio lei che descrive la lenta trasformazione del marito che lo porterà a prendere la drammatica decisione. Tutto è contro di loro: il quartiere di Mea Sharim, mondo immobile sempre uguale a se stesso, il padre rabbino di Nathan, la mentalità sottomessa e ferocemente conservatrice delle amiche di Rachele, ma soprattutto la terribile e restrittiva interpretazione delle Sacre Scritture che condiziona l’esistenza, censurandone le pulsioni più vitali.

“[…] Bisogna pregare. Preghi? Digiuni? Fai penitenza? Dunque, bisogna decidersi a fare il nostro dovere. Conosci la legge. Il solo scopo della vita di una figlia di Israele è quello di partorire bambini  ebrei e di permettere al marito di studiare. L’uomo è stato creato per studiare, mentre alla donna è data l’intelligenza perché partecipi indirettamente alla vita della Torah preparando da mangiare, tenendo in ordine la casa e, soprattutto, allevando figlioli. Quale altra gioia, per una donna? I figli sono la nostra forza. É così che li vinceremo”.

Ripudiata è un libro di Eliette Abécassis uscito nel 2000. Racconta una storia che, di primo acchito, sembra uscire da un mondo e una mentalità ormai lontane, quasi dimenticate. Invece è attualissima. Siamo a Gerusalemme, l’ambiente in cui ci muoviamo è la comunità ortodossa. Le donne vengono considerate impure durante il loro periodo mestruale, devono camminare dietro il proprio marito e nascondere il proprio corpo al fine di non provocare il desiderio di altri uomini; i matrimonio sono combinati e lo scopo dell’unione fra due anime, non è tanto l’amore, quello può pure non esserci, ma il procreare.

Nathan e Rachele si conoscono il giorno del loro matrimonio e hanno la fortuna di innamorarsi perdutamente l’uno dell’altra. Purtroppo però, dopo dieci anni non riescono ad avere un figlio, e secondo la legge ebraica il marito può (che poi si tramuta in un dovere imprescindibile) ripudiare la moglie. Nathan è combattuto, ama la moglie, ma il suo credo religioso ha la meglio e ripudia Rachele senza neanche indagare i motivi di questa sua “presunta” infertilità.

La storia è molto toccante, un vero e proprio pugno nello stomaco, ma ha qualche piccolo problemino che, ahimè, non la fa apprezzare del tutto. Il libro, che alla fine altro non è che un mini racconto, si legge in meno di un’ora e sembra l’introduzione di un qualcosa di molto più grande. Inizialmente lo stile della scrittrice è molto descrittivo, e la scrittura, per quanto sia scorrevole, non riesce a coinvolgere più di tanto. Verso le ultime pagine, si ha un cambiamento repentino. Dacché leggiamo descrizioni molto elementari, l’autrice inizia a scrivere quasi in prosa, utilizzando uno stile eccessivamente pomposo.

Probabilmente, se la storia fosse stata sviluppata ulteriormente con altri capitoli, il libro poteva trasformarsi in un vero e proprio best seller che denunciava la condizione che vivono ancor oggi molte donne. Purtroppo però, quello che leggiamo sembrano essere degli appunti, idee impresse su carta che rendono impossibile riuscire ad apprezzare una storia che meritava davvero tanto.

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