Oggi vi racconto l’esordio letterario di Paolo Regina con il giallo “Morte di un antiquario“.
Buona Lettura!
😀
Titolo: Morte di un antiquario
Autore: Paolo Regina
Casa Editrice: SEM (10 maggio 2018)
Prezzo Copertina: 16€
Numero Pagine: 234
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Trama: Che cosa distingue l’antiquario dal semplice collezionista? Il gusto della ricerca tra le cose dimenticate alla scoperta dell’oggetto unico e magari irripetibile, prezioso. Ma anche la suggestione per il mistero che avvolge gli oggetti perduti e poi ritrovati: da dove vengono, chi li ha posseduti, quanta passione o dolore hanno ‘visto’. Testimoni muti delle vite passate, gli oggetti antichi attraversano il corso del tempo con il loro carico di segreti. Uber Montanari, tra tutti gli antiquari, è il più solitario, il più geloso delle scoperte che ha fatto, il più misterioso. Quando viene ritrovato cadavere nella sua bottega, a Ferrara, in molti si domandano quali tesori siano all’inizio della sua sventura. Gaetano De Nittis è un brillante capitano del Corpo più ‘odiato’ d’Italia: la Guardia di Finanza. D’origine pugliese, da poco trasferito a Ferrara, ama la buona cucina, cioè solo quella della sua terra, e odia l’agrodolce estense. Ha poco tempo libero e lo dedica tutto alla sua vera passione: la chitarra e lo stile blues del grande B.B. King, il suo idolo. È lui a scoprire, durante un’indagine di routine, il corpo di Montanari, l’antiquario dalla personalità ambigua, protetto da esponenti dell’alta borghesia ferrarese con cui aveva rapporti d’affari non sempre limpidi. Tra i molti segreti di questa vicenda, raccontata con calibrata maestria da Paolo Regina, il primo sta proprio nella vita dell’antiquario, coltissimo e misantropo, e nel suo insaziabile desiderio di collezionare opere d’arte proibite.
Un vecchio antiquario viene trovato morto in seguito a una verifica della Guardia di Finanza. Si vuole archiviare il caso come suicidio, ma il capitano De Nittis, che ha trovato il corpo, è convinto che la morte non sia stata causata da depressione o disperazione, ma sia un omicidio. Inizia così a indagare di nascosto, scoprendo indizi che avvalorano la sua tesi.
La storia ha come sfondo Ferrara, che viene descritta con i suoi pro e i contro. L’autore dipinge una città che sembra sia avvolta da una coltre di apatia poiché non accade mai nulla; in realtà, si nascondono fitte reti fatte di affari non tanto leciti.
Il protagonista, Gaetano De Nittis, non è un personaggio originale: perspicace, intelligente, a volte burbero, donnaiolo incapace di legarsi seriamente se non per un arco temporale definito. Nonostante ricordi altri commissari, è comunque ben costruito e si muove con agilità sopra gli ingarbugliati fili della trama. Inoltre tutti i personaggi sono ben caratterizzati e, di quelli principali, viene raccontata la storia, in modo da avere familiarità e capire il motivo di determinati atteggiamenti.
La storia scorre velocemente e lo stile dell’autore è molto fluido. Inoltre sono presenti idiomi di diverse regione italiane. Spesso non apprezzo la presenza di frasi in dialetto, poiché diversi scrittori non si curano di tradurle o spiegarle, in questo caso però, molte espressioni sono intuitive, diversamente vengono contestualizzate per aiutare il lettore a capire il significato.
La storia è ricca di particolari che vengono descritti in modo minuzioso, ma non riguardano sempre il caso. La morte di Uber, l’antiquario, a volte, viene messa in secondo piano a causa delle varie vicissitudini sentimentali del protagonista. Lo scrittore inoltre si lascia andare con descrizioni che riguardano i piatti tipici della zona, le opere d’arte, … tutte interessanti e piacevoli da leggere e, nel mio caso, da conoscere e scoprire. Sono però presenti delle ripetizioni che a lungo andare stonano: lo abbiamo capito che De Nittis odia ‘sti maledetti cappelletti di zucca e basta con la storia della botola.
Avrei preferito un andamento più veloce delle indagini, ci si dilunga troppo sul lato sentimentale, e spiegate alcune situazioni che sono rimaste appese. A volte ho avuto la sensazione di leggere tante micro storie non collegate fra di loro, come se stessi dividendo per colore i pezzi di un puzzle appena tolto dalla scatola. Quasi tutti hanno trovato la propria collocazione, qualcuno è rimasto fuori dal disegno.
Il finale mi ha fatto aggiungere mezza tazzina al voto, sconvolge del tutto la storia lasciando, noi poveri lettori, a bocca aperta.
In conclusione…
Il capitano De Nittis non è un personaggio originale, ma riesce a stare comunque a galla nel profondo mare dei gialli. La storia scorre veloce ed è impregnata di una forte ironia. Non sono presenti tempi morti e l’autore è in grado di mantenere viva l’attenzione del lettore.
La scrittura di Paolo Regina è molto piacevole e non nascondo che mi farebbe piacere leggere nuove avventure del capitano, con la speranza che abbia fatto pace con i cappelletti di zucca e le botole scricchiolanti.
Lo consiglio?
Certo che sì.
Ma pensa un po’, c’è ancora gente che scrive dei gialli… vero che si continua a uccidere. Indubbiamente, una novità c’è: la Guardia di Finanza, non la solita polizia… la Guardia di Finanza che nemmeno un giallo francese, inglese o turco o altro può vantare.
Nota: ho nostalgia di quando eri in convento 🙂
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Prometto di riprendere a breve la stesura delle mie memorie! 😀
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Promessa è debito.
(Non c’è sintesi più efficace della laconicità di un proverbio, ne approfitto)
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