Oggi vi parlo del libro L’arminuta.
Buona Lettura!
😀
Autrice: Donatella Di Pietrantonio
Titolo: L’arminuta
Casa Editrice: Einaudi
Prezzo copertina: 12 €
Numero pagine: 163
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Trama: Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.
«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza».
Ero titubante se iniziare a leggere L’arminuta, ne ho sempre sentito parlare bene, ma non mi ha mai ispirato tanto. Ho comprato il libro senza neanche conoscere la trama e ho deciso di leggere le prime pagine, giusto per farmi un’idea. Ho chiuso dopo averne lette circa ottanta, tutte di un fiato, e avrei continuato se l’orologio non mi avesse detto che erano le due di notte e la vocina dentro la mia testa: “Domani mattina devi andare a lavorare!”.
L’arminuta è una storia che rapisce il lettore sin dalla prima pagina, quando una ragazzina di 13 anni, viene accompagnata a casa della sua vera famiglia, scoprendo che quelli che chiamava “mamma” e “papà” in realtà sono gli zii. Non sa il perché di questa “restituzione” e nessuno vuole dirglielo. Passa così da una vita agiata, a dividere un lettino con quella che scopre essere sua sorella, in una stanza dove dorme insieme ai suoi numerosi fratelli.
L’appartenenza alla sua famiglia, la certezza dell’amore dei suoi genitori adottivi e in particolare della madre, si sgretolano lasciandola in una disperazione che spesso affiora in tutta la sua brutalità. L’unica persona che l’aiuta a non sprofondare è Adriana, la sorella che non sapeva di avere: con la sua semplicità, praticità e affetto, la mantiene a galla nel mare di incertezze e verità taciute in cui è stata lanciata all’improvviso.
Della protagonista non si conosce il nome, e mai verrà menzionato, quasi a voler sottolineare l’evidente disperazione nel non sapere a chi “appartiene”. Qual è la sua famiglia? Quella che credeva di avere l’ha mandata via; nella vera, invece, si sente fuori posto. Chi può davvero considerare sua madre? Perché è stata abbandonata?
Lo stile dell’autrice è molto fluido, la lettura scorre veloce, pagina dopo pagina. Sono presenti dialoghi in dialetto e frasi in un italiano un po’ scombinato, ma il tutto serve a rendere la storia più vera e a creare un ambiente palpabile al lettore.
L’unica nota negativa, che mi ha fatto togliere una tazzina, è il finale, troncato di netto. La storia non ha una vera e propria fine, è come se venisse lasciata aperta una porta per un probabile sequel.
Consiglio la lettura de L’arminuta, un libro a volte crudele, ma in grado di toccare in modo profondo le emozioni di chi si perde nelle sue pagine.
Ma forse anche se non c’è un finale, c’è pur sempre una storia, un caso, no?
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però è bello sapere che fine fanno i personaggi principali, soprattutto quelli a cui ti sei in qualche modo legato. Di una in particolare non si sa niente… 😦
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La curiosità è femmina, vecchio proverbio.
Ciao 🙂
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Anche questo è vero! 🤣 buona giornata!
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Anche a te!!!
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Perchè non c’è finale? Abbiamo bisogno di conoscerlo? Sarà il finale della vita. L’ho amato tantissimo
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avrei voluto sapere di alcuni personaggi secondari…
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Rimane un po’ di curiosità, ma il senso della sorellanza è compiuto
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la prima cosa che dimentico dei libri letti è il finale. Per cui per il romanzo mi resta un fascino incondizionato e per l’autrice un’ammirazione autentica per la sua capacità di scrittura incisiva e antiretorica.
non ricordando il finale mi permetto di aggiungere la tazzina che hai tolto 🙂
ml
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😀 libero di farlo! 🙂
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[…] L’arminuta: una storia che parla di identità e appartenenza […]
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