Le sette morti di Evelyn Hardcastle è il libro di esordio di Stuart Turton, accolto con grande clamore da parte dell’intero creato.

Trama: Blackheath House è una maestosa residenza di campagna cinta da migliaia di acri di foresta, una tenuta enorme che, nelle sue sale dagli stucchi sbrecciati dal tempo, è pronta ad accogliere gli invitati al ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle. Gli ospiti sono membri dell’alta società, ufficiali, banchieri, medici ai quali è ben nota la tenuta degli Hardcastle. Diciannove anni prima erano tutti presenti al ricevimento in cui un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcastle – ha segnato la storia della famiglia e della loro residenza, condannando entrambe a un inesorabile declino. Ora sono accorsi attratti dalla singolare circostanza di ritrovarsi di nuovo insieme, dalle sorprese promesse da Lord Peter per la serata, dai costumi bizzarri da indossare, dai fuochi d’artificio. Alle undici della sera, tuttavia, la morte torna a gettare i suoi dadi a Blackheath House. Nell’attimo in cui esplodono nell’aria i preannunciati fuochi d’artificio, Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola lentamente nell’acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa. Morta, per un colpo di pistola al ventre. Un tragico decesso che non pone fine alle crudeli sorprese della festa. L’invito al ballo si rivela un gioco spietato, una trappola inaspettata per i convenuti a Blackheath House e per uno di loro in particolare: Aiden Bishop. Evelyn Hardcastle non morirà, infatti, una volta sola. Finché Aiden non risolverà il mistero della sua morte, la scena della caduta nell’acqua si ripeterà, incessantemente, giorno dopo giorno. E ogni volta si concluderà con il fatidico colpo di pistola. La sola via per porre fine a questo tragico gioco è identificare l’assassino. Ma, al sorgere di ogni nuovo giorno, Aiden si sveglia nel corpo di un ospite differente. E qualcuno è determinato a impedirgli di fuggire da Blackheath House…
Il libro inizialmente ricorda molto la storia di “Dieci piccoli indiani” scritta da Agatha Christie: Aiden Bishop, il protagonista, si ritrova nella BlackHeath House, e non può abbandonarla se non risolve l’omicidio di Evelyn Hardcastle. Nel frattempo però, altri invitati iniziano a morire.
Ovviamente la storia prende altre strade, ma l’omaggio alla regina del giallo è evidente.
La struttura del romanzo è un po’ caotica: i capitoli sono divisi in giornate e il protagonista ogni giorno si sveglia nel corpo di un ospite diverso, e spesso torna indietro nel tempo, rivivendo la parte di una giornata già passata. Il lettore deve porre particolare attenzione al fine di ricordare quello che accade ai vari personaggi che diventano, di volta in volta, i protagonisti, ma che sono anche personaggi secondari.
La storia riesce a tenere sulle spine fino alla fine, quando i pezzi vanno a montare un puzzle abbastanza chiaro. Purtroppo però, la cura usata per lo sviluppo della storia, non è stata osservata per il finale che risulta un po’ frettoloso e spoglio di particolari. Mancano spiegazioni fondamentali sul luogo in cui è stato rinchiuso Aiden, alcune domande vengono spontanee: chi è al capo di tutto? In che tipo di società ci troviamo? Come sono possibili determinati avvenimenti?
Le sette morti di Evelyn Hardcastle, aldilà di queste piccole imperfezioni, è un storia sorprendente, capace di tenere incollato il lettore alle sue pagine fino alla fine. Un libro ricco di adrenalina, con un storia un po’ caotica, ma pieno di colpi di scena; con personaggi ben caratterizzati e un ritmo incalzante.
Consiglio la lettura?
Sì: un giallo arzigogolato che l’autore ci fa risolvere insieme a lui, che presenta qualche buco verso la fine, ma regala piacevoli ore di lettura.
Mi inchino all’impegno che hai dispiegato e ai tuoi nobili intenti tanto che sei riuscita a convincermi che faccio bene a continuare a leggere le memorie di Casanova e nei momenti liberi ripassare un kata (è così facile dimenticare questo o quel passaggio!).
Un abbraccio, valorosa amanuense.
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Carissimo Guido,
ti dirò… annoiata dalle solite storie, in questi giorni ho iniziato a leggere Il maestro e Margherita, un po’ confusionario, ma molto divertente.
Io, dei kata, non ricordo più niente! 😦
Un caro abbraccio!
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Un po’ confusionario… 🙂 è vero!
Di certo, non ho provato la stessa passione e il coinvolgimento vissuti per Guerra e Pace e Anna Karenina, letti recentemente e quindi dopo anni di letture e quindi di emotività più controllata.
In ogni caso, circa le tue scelte, il tuo mood, ti capisco benissimo.
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spero di riuscire anche io a leggere, non dico Guerra e Pace, ma almeno Anna Karenina!
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Anche io come te l’ho apprezzato. L’ho ascoltato in audiolibro e restavo davvero con il fiato sospeso. L’espediente finale mi ha un po’ non tanto delusa quanto lasciata perplessa, ma non mi ha rovinato il gusto del romanzo.
Azzeccato il paragone con Agata Christie, l’ho pensato spesso anche io durante l’ascolto!
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L’espediente finale non delude, ma lascia perplessi. Avrei preferito qualche dettaglio in più…
Grazie per il tuo commento! 😀
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