Il Digiunatore – Enzo Fileno Carabba [Recensione]

Titolo:  Il Digiunatore
Autore
: Enzo Fileno Carabba
Casa Editrice
: Ponte alle Grazie (13 gennaio 2022)
Numero Pagine: 256
Voto: 5 / 5 
Prezzo Copertina
: 16 € 
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: Il digiunatore
Trama
: Nato a metà Ottocento a Cesenatico Ponente, terra di mangiatori, Giovanni Succi si impone sulla scena del mondo come il più grande digiunatore di tutti i tempi. C’è qualcosa in lui di invulnerabile, che non si arrende neanche all’evidenza. Qualcosa che ha imparato ancora bambino dalle carovane dei circhi, quando scendevano dal Paradiso Terrestre verso la pianura romagnola. Alla saggezza errante dei saltimbanchi, Giovanni deve la sua gioia e la sua salvezza, l’urgenza di diventare quello che è: uno spirito sensibile, un leone indomabile, un profeta immortale. Guidato dall’utopia del socialismo e dal battito del suo cuore, veleggia libero come un elisir attraverso deserti e savane, cespugli e radure, nuvole e gabbie, e mette il suo digiuno al servizio dell’umanità. Coltivando in sé la sorgente di una speranza illimitata – riflessa in donne dai nomi armoniosi quali Ginevra, Gigliola, Guerranda -, segue il suo respiro per il mondo, dal Canale di Suez al manicomio della Lungara, dalle strade del Cairo e di Milano alle corsie della Salpêtrière. Incontra donne-belve e grandi esploratori, Sigmund Freud e Buffalo Bill, mentre l’Occidente sfocia nella modernità e perde per sempre l’innocenza. In questa biografia sentimentale, Carabba parte da una storia vera per trasfigurarla in un grande romanzo, che ci svela il valore del dubbio, le acrobazie dell’entusiasmo, la fierezza della semplicità. Perché è proprio lì, sul confine tra il pieno e il vuoto, dove la nebbia personale si dissolve nell’incontro con gli altri, che si nasconde la promessa dell’eternità.

“Il digiunatore aveva fame di tutto ma doveva sempre fare a meno di qualcosa.”

Il digiunatore è un libro scritto da Enzo Fileno Carabba, che racconta le gesta di Giovanni Succi, il più grande digiunatore di tutti i tempi.

Non conoscevo quest’uomo e ho letto il libro con interesse e curiosità. Non immaginavo che esistessero persone che utilizzassero il digiuno come attrazione circense. In un mondo dove si lavora per mangiare e in cui purtroppo si combatte la fame che causa la morte in diversi paesi, è un paradosso pensare che esistano persone che si affamano per il divertimento altrui.

Giovanni Succi si faceva chiudere in una gabbia e, per verificare che non mangiasse nulla, veniva controllato 24 ore su 24 per tutto il tempo del digiuno. Gli era solo consentito bere acqua e un misterioso elisir che lui stesso creava. Una bevanda che, a suo dire, gli dava la possibilità di compiere questa grande impresa, senza avere la debolezza che colpirebbe un uomo normale. Giovanni infatti, durante i suoi digiuni, era solito mettere in mostra la propria forza: sollevava pesi, dava spettacolo con numeri da circo di vario genere; addirittura beveva veleni per dimostrare di essere capace di domare il proprio corpo. Spesso l’attrazione veniva messa all’interno di un ristorante: la gente mangiava di gusto e guardava Giovanni Succi digiunare giorno dopo giorno, cercando anche un eventuale trucco.

La sua attitudine risulta strana, Giovanni è nato in un paese di mangiatori e nessuno avrebbe mai immaginato che potesse diventare l’uomo che ispirò Franz Kakfa nello scrivere Un artista del digiuno.

Un viaggio in Africa, la malattia, uno stregone e un filtro, pare che siano stati gli elementi necessari affinché lo spirito del leone entrasse dentro di lui facendolo diventare un uomo forte, capace di avere il completo controllo del suo corpo, tanto da riuscire ad imporsi i lunghi digiuni senza sentire la debolezza della fame, o almeno era quello che lui credeva e che faceva credere agli altri. 

Il libro rappresenta una biografia sentimentale, parte dalla storia vera di Giovanni Succi per poi trasfigurarla in un romanzo che svela, oltre le gesta, l’essere di un uomo eccentrico, genuino e semplice.  

Intorno alla figura di Giovanni Succi l’autore crea un’aura, è infatti presente nel libro un’idea del divino che non viene mai esplicitata apertamente. Il suo digiuno viene accostato a quello di Gesù e di San Francesco, poiché ha la stessa durata di quaranta giorni. Spesso si accenna alla malattia mentale, il digiunatore è infatti stato internato nel manicomio della Lungara. Si parla di monomania o paranoia ambiziosa, ma non si scende mai nel dettaglio. Sappiamo che dottori dell’epoca lo hanno studiato, ma non conosciamo a quali conclusioni siano arrivati. Viene lasciato intendere che avesse dei disturbi mentali, ma non vengono mai confermati. Il lettore è lasciato nel dubbio, e non si capisce se la gente si sia fatta condizionare dalla sua forte personalità o se Giovanni Succi fosse capace veramente di riscaldare una stanza con il proprio calore corporeo o di calmare gli stati d’animo con la forza della propria mente.  

E’ lo stesso Succi a sottolineare che i giorni di digiuno, quel primo glorioso digiuno, furono quaranta, e che il numero non è a caso. Quaranta giorni digiunò Cristo nel deserto. Quaranta giorni digiunò ( più di una volta) Pitagora, raccomandando ai suoi allievi riluttanti di fare altrettanto per risvegliare i processi mentali. Quaranta giorni digiunò San Francesco prima di ricevere le stigmate. 

L’autore descrive il digiunatore come un uomo eccentrico e fuori dal comune. Una persona piena di fiducia, entusiasta e che ha sempre vissuto la vita con una genuina meraviglia infantile. Un megalomane buono che sapeva farsi amare, che si metteva alla prova, sfidando se stesso per dimostrare di essere il migliore. 

Ha avuto a che fare con diverse personalità famose della sua epoca e si ha il sentore che Giovanni Succi abbia portato fortuna a chi ha incrociato il suo cammino. Alcuni esempi: La sorella diventò madre Valeria di San Sebastiano, fondatrice della Congregazione Pontificia Suore Oblate di Sant’Antonio di Padova, in bilico sul precipizio della santità. Ed è eclatante il caso di Zorza la belva della Lungara: la donna era internata nel manicomio e aveva evidenti problemi mentali, pare che dopo aver bevuto il famoso elisir sia guarita, abbia sposato un miliardario americano e si sia trasferita a New York.

I racconti che riguardano il suo soggiorno forzato presso il manicomio della Lungara ricordano il film Qualcuno volò sul nido del Cuculo, dove lui interpreta il ruolo di Randle Patrick McMurphy.

Intorno alla figura di Giovanni Succi aleggia il mistero ed è quello che l’autore vuole trasmettere ai suoi lettori. Il libro è diviso in brevi capitoli che facilitano la lettura e lo stile è molto fluido e scorrevole.

Dopo aver letto questo libro mi son chiesta: che mondo sarebbe stato senza Giovanni Succi? E pensare che voleva fare il giornalista!

Lettura consigliata!

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