Titolo: King Kong Theory
Autrice: Virginie Despentes
Casa Editrice: Fandango Libri (3 ottobre 2019)
Numero Pagine: 134
Prezzo Copertina: 15 €
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Trama: Un testo cruciale per molti aspetti, il primo saggio pubblicato da Virginie Despentes è un moderno manifesto femminista che devasta l’ordine sociale contemporaneo nel quale i corpi delle donne sono a disposizione degli uomini. Muovendo dalla sua esperienza personale – una giovinezza che descrive come “virile” nei circoli punk, uno stupro a 17 anni, un periodo di prostituzione, prima del successo come romanziera -, la scrittrice e regista di Nancy traccia in poco più di cento provocanti pagine una figura femminile eccentrica, ribelle, refrattaria a conformarsi alle norme di genere. Un libro che è tutt’ora un manifesto di liberazione per tutte quelle donne che non si sentono rappresentate, “le brutte, le vecchie, le camioniste, le frigide, le malscopate, le inscopabili, le isteriche, le tarate, tutte le escluse dal mercato della gnocca”.
King Kong Theory è un saggio femminista molto duro e diretto, che denuncia una società fortemente patriarcale e misogina, capace di riconoscere le ingiustizie sociali e\o razziali, ma che si dimostra indulgente quando si tratta di dominazione maschilista.
L’autrice, Virginie Despentes, tratta diverse tematiche calde della questione femminista e vede fra le soluzioni l’aiuto da parte dell’uomo, che può per esempio pretendere e avere una paternità attiva. L’uomo, così come la donna, è vittima di standard imposti perché, per essere definito tale, deve reprimere le proprie emozioni, tacere la propria sensibilità, vergognarsi della sua delicatezza e vulnerabilità e via dicendo…
Le donne dovrebbero accettare la propria virilità così come gli uomini la loro femminilità perché, secondo l’autrice, se non ci orientiamo verso l’incognita della rivoluzione dei generi, lo Stato, con la scusa di fare le cose per il nostro bene, ci infatilizza: ci mantiene bambini, ignoranti, nella paura della punizione e dell’esclusione.
Nel secondo capitolo l’autrice parla del suo stupro: Ferita di guerra che deve consumarsi nel silenzio e nell’oscurità; E di come spesso si cerci di chiamarlo in modo diverso al fine di non sentirsi sbagliate nei confronti della società. Ma ciò non è corretto, perché fino a quando a un’aggressione non viene dato il suo nome, questa perde la sua specificità e può essere confusa con altri tipi di violenza.
Le rare volte in cui ho cercato di raccontare la storia ho evitato la parola “stupro”: “aggredita”, “raggirata”, “farsi incastrare”, “un incubo”, whatever… il punto è che finché non viene chiamata per nome l’aggressione perde la sua specificità, può essere confusa con altri tipi di aggressione […]. Perché da momento che chiamiamo il nostro stupro stupro, è tutto il sistema di controllo sulle donne che si mette in moto: vuoi davvero che si sappia quello che ti è successo? Vuoi che tutti ti vedano come una donna a cui è successo? E comunque come puoi esserne uscita viva, senza essere una troia fatta e finita? Una donna che tenga alla propria dignità avrebbe preferito farsi ammazzare. […]
Si parla anche di prostituzione e pornografia.
Il saggio è impregnato di rabbia e offre ai lettori un quadro generale di quelle che possono essere alcune posizioni femministe su determinate tematiche. Personalmente non condivido tutto, ho trovato molto interessante e vera la prima parte. Per quanto riguarda il seguito, credo sia importante conoscere i diversi punti di vista su argomenti che spesso, proprio a causa della loro complessità, sono oggetto di aspri dibattiti.
Lo stile dell’autrice è molto duro e diretto.
Consiglio il libro a chi vuole avere una visione a 360° gradi delle tematiche affrontante in ambito femminista. Lo consiglio però, solo se sono già state affrontate altre letture, magari più soft, a riguardo. Se invece volete approcciarvi al femminismo, prima di leggere King Kong Theory, consiglio di iniziare da altre autrici.
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